Il Bitto DOP
 

Ricetta Il Bitto DOP
Il Bitto DOP


Il Bitto DOP è un formaggio prodotto con latte intero di vacca. Ha una forma cilindrica regolare, la pasta è semidura ed il sapore dolce e delicato. Con l’invecchiamento il Bitto DOP acquista maggiore compattezza e acquisisce un gusto più forte e aromatico.

La zona di provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio Bitto DOP, comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio ed i territori limitrofi dei seguenti comuni in provincia di Bergamo: Averara, Carona, Cusio, Foppolo, Mezzoldo, Piazzatorre, Santa Brigida e Valleve.

Il Bitto DOP possiede una notevole attitudine alla conservazione: la maturazione può essere protratta anche sino a dieci anni, per diventare una delle più ricercate prelibatezze nel mondo dei formaggi. È buona norma tenerlo in frigorifero nel piano inferiore, meno freddo, protetto con carta stagnola. Fresco è un ottimo formaggio da tavola servito con frutta secca, macchiato con Aceto Balsamico Tradizionale di Modena ed accompagnato a pane di segale. Può essere impiegato anche come ingrediente di qualità in numerosi piatti tipici della cucina valtellinese: è l’ingrediente essenziale per la preparazione dei pizzoccheri e della polenta taragna e completa numerosi piatti, come il risotto, le paste al forno e la fonduta. Le forme invecchiate sono utilizzate come formaggio da grattugia. Prediletti gli abbinamenti ai vini locali Valtellina Superiore Inferno, Valtellina Superiore Sassella. TIPOLOGIE in commercio Bitto DOP; il prodotto è commercializzato fresco (stagionatura 2 mesi), stagionato (stagionatura oltre 3 mesi) e da grattugia (oltre un anno di stagionatura), in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Bitto DOP SONDRIO BERGAMO

Il Bitto DOP viene stagionato nelle “casere d’alpe” nella prima fase e, successivamente, termina il periodo di stagionatura nei caseifici a fondo valle.

Secondo alcuni storici, l’allevamento del bestiame nelle valli alpine fu avviato dai Celti che, cacciati dai Romani dalla pianura Padana, si spostarono verso le Alpi, dove grazie ai fertili pascoli naturali si dedicarono alla pastorizia ed alla produzione di latte.
Da allora, l’usanza di allevare durante la stagione estiva gli animali da latte negli alpeggi è giunta fino ai giorni nostri garantendo l’ottenimento di un latte denso, dolce e cremoso, ideale per la lavorazione casearia.
In queste aree, agli albori della pastorizia, essendo impensabile che tutta la popolazione potesse seguire il bestiame alle alte quote ed essendo precarie le condizioni delle vie di comunicazione, i primi mandriani dovettero necessariamente escogitare un sistema che consentisse loro di conservare nel tempo e di trasferire il latte, il principale prodotto. La soluzione più logica fu quella di trasformarlo in formaggio e per i Celti, esperti conoscitori dell’uso del caglio, fu relativamente semplice indirizzare l’attenzione verso la produzione dei formaggi a lunga conservazione, in cui dimostrarono sin da allora una straordinaria perizia.
Il nome “Bitto” si fa derivare dal termine celtico “bitu”, ossia “perenne”. Probabilmente i Celti attribuirono questo nome al Bitto in quanto la lavorazione del latte consentiva di produrre un alimento da utilizzare come scorta alimentare.

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