Lettera aperta del presidente della Federazione Italiana Cuochi
 

Ricetta Lettera aperta del presidente della Federazione Italiana Cuochi
Lettera aperta del presidente della Federazione Italiana Cuochi


Lettera aperta del presidente della Federazione Italiana Cuochi,
professor Paolo Caldana


Gentili amici e cari soci,

rivolgo questa mia lettera aperta non solo a Voi, ma anche a chi non ci conosce (o forse fa mostra di non conoscerci).

Ritengo infatti che sia ormai giunto il momento di portare all’attenzione di tutti quale sia il vero ruolo, nella società e nel mondo del lavoro, della Federazione che ho l’onore di presiedere.

A spingermi a rivendicare ciò che è legittimo rivendicare per noi cuochi della FIC, sono alcuni episodi d’attualità nell’ambito della nostra professione.

Innanzitutto voglio rivolgere un plauso al ministro del Turismo, On. Michela Vittoria Brambilla, per aver voluto dedicare la 31ª Giornata Mondiale del Turismo all”arte dei cuochi italiani”. Concordo con Lei sul fatto che l’enogastronomia sia un potente volano per attrarre visitatori nel nostro Paese e che quindi la ristorazione nazionale possa essere un eccellente biglietto da visita, in grado di fare promozione in ogni luogo.

Anche in questa giornata celebrativa si è parlato molto di identità, di ricette della tradizione, dimenticate e da recuperare, e di prodotti tipici da tutelare.
Ebbene, mi chiedo e Vi chiedo: chi in Italia ha sempre difeso e portato avanti negli anni, con costanza e tenacia, la cucina che è espressione dell’identità nazionale? Chi, nel tempo, ha saputo e voluto utilizzare i prodotti che caratterizzano le diverse regioni, anche con tocchi di creatività personale, ma nel rispetto della materia e senza stravolgere usi e costumi culinari locali?

Forse i pochi chef blasonati? O quelli diventati star del teleschermo? A mio avviso, i principali fautori dell’enogastronomia made in Italy, che costituiscono il maggior indotto per il turismo, sono tutti i cuochi che lavorano con abnegazione nelle loro cucine giorno dopo giorno, senza apparire.

E allora perché questo esercito di berrette bianche, sempre in prima linea in nome della cucina  italiana, non viene riconosciuto per quello che in effetti è? Bene ha fatto il Ministro, nell’occasione milanese, a premiare alcuni chef di punta, ma perché sempre i “soliti noti”? E gli altri? E tutti gli altri cuochi? Nemmeno un cenno per loro, non un ricordo per ciò che compiono e significano. E invece viene celebrato chi, dopo anni di dedizione all’eccellenza culinaria, ha una caduta di stile e si occupa di fast food (fatto che tuttavia non ritengo sia tutto “farina del suo sacco”).

Quanto alle guide dei ristoranti, reputo che, pur essendo un valido punto di riferimento per i consumatori, siano incomplete: nelle pagine stilate dai critici enogastronomici, non trovano posto, in quanto ignorati, molti chef che meriterebbero di essere apprezzati per la loro cucina gustosa e sobria, magari tradizionale, ma mai banale.
Per questo e altri motivi, permettetemi di dire chiaro e forte, senza timore di smentita, che noi della Federazione rappresentiamo l’Italia della cucina. Quale?

Certamente non ci può essere addebitata l’attuale diffusa “pornografia del cibo”, poiché siamo tutt’altro che divi e seguiamo regole culinarie serie, consolidate e autentiche.
E voglio anche sfatare una convinzione ostile che alcuni malpensanti manifestano nei nostri confronti: a differenza di quanto sostengono costoro, la nostra cucina è assolutamente al passo con i tempi, anzi noi abbiamo anticipato gli ultimi trend gastronomici: non a caso, da sempre i cuochi della Federazione privilegiano i prodotti a “km 0” (ora tanto in voga presso i ristoranti stellati); propongono piatti semplici ma raffinati, che lasciano spazio gustativo ad ogni singolo ingrediente (come impone la “moda” del minimalismo culinario) e offrono vivande che, in chi le consuma, producono il piacere del palato e il bene dell’organismo.

Anche le indagini del settore ci confortano nella nostra idea: secondo la recente inchiesta Coldiretti/Swg sulle nuove tendenze alimentari degli italiani, solo il 7% dei connazionali ama la cucina etnica. Del resto, la maggioranza delle persone cerca nel cibo, oltre alle esperienze sensoriali, sicurezza e salute. A questo proposito, uno studio dell’Università di Tor Vergata indica che il cibo del territorio è più affine al DNA dei suoi abitanti, in quanto selezionato e collaudato nei secoli,  di generazione in generazione.
Tutti questi fattori rientrano nel bagaglio professionale dei cuochi della FIC che sono competenti e paladini della “verace” Dieta Mediterranea.

In conclusione, desidero ribadire che la Federazione Italiana Cuochi ha il diritto nonché il dovere di essere interpellata sulle varie problematiche del settore e di esprimere il proprio autorevole parere. Qualcuno potrebbe obiettare: perché invitare ai tavoli decisionali La Federazione, dal momento che esistono tanti sodalizi di chef? La risposta è una e inequivocabile: perché la FIC è l’unica riconosciuta a livello ufficiale governativo ed è ancora l’unica ad essere inserita nella WACS-Società Mondiale delle Associazioni dei Cuochi, come rappresentante dell’Italia.

Sostengo quindi che noi abbiamo tutte le carte in regola per poter esercitare le mansioni che ci spettano, anche in veste di consulenti per la categoria.

Fa piacere constatare che siamo apprezzati all’estero, come ad esempio dalla stessa WACS la quale ci ha affidata l’organizzazione del suo prossimo Meeting Europeo. Al contempo, dispiace essere dimenticati in patria, esclusi da eventi che invece ci dovrebbero vedere in prima fila.

Per questo auguro a me a tutti voi, per il bene della nostra professione, che in futuro ci siano riservati i posti adeguati alle capacità della Federazione Italiana Cuochi: noi non vogliamo solo essere spettatori, bensì aspiriamo a una partecipazione attiva, a tutto tondo, per cui siamo a disposizione di tutti, da veri professionisti della cucina tricolore.

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